Home
 
SIGUR ROS Inni (CD + DVD) Krunk 2011 ISL

In un'epoca in cui l'abitudine a suggellare la conclusione di ogni tour con la pubblicazione di un album live, spesso accompagnato da un DVD, ha preso il sopravvento a rischio di inflazionare il mercato discografico, i Sigur Rós si attengono alla vecchia regola d'oro che faceva coincidere il classico doppio disco dal vivo con la chiusura di una fase artistica nella storia della band.
Nell'autunno del 2008, come atto finale di un tour, quello per la promozione di “Með suð í eyrum við spilum endalaust”, che li aveva visti esibirsi in quattro continenti nell'arco di cinque mesi, i Sigur Rós decisero di intraprendere una serie di date indoor in location selezionate privandosi volutamente del sostegno strumentale delle Amiina, il quartetto d'archi che da dieci anni arricchisce le loro trame sonore, dal vivo come in studio. Data la natura di molte delle loro composizioni, questa scelta equivale un po' alla decisione di un acrobata di esibirsi senza rete, ma il risultato ottenuto, oltre ad essere pregevole, ci consente di apprezzare il quartetto di Reykjavík in una veste insolitamente scarna ed aggressiva.
Il progetto “Inni”, nato dalla registrazione audio e video delle due date londinesi (20 e 21 novembre 2008) all'Alexandra Palace, finisce per essere così un episodio oscuro e a tratti inquietante, e mi riferisco in particolare al DVD, dalla cui scaletta – a differenza del contenuto dei CD - sono stati eliminati quasi per intero i brani più festosi tratti da “Takk” e “Með suð...” (alcuni sono inclusi come bonus). La stessa scelta artistica di processare il film, inizialmente girato in alta definizione, riproiettandolo filtrato da ogni tipo di manipolazione (come lampade e oggetti traslucenti interposti tra il proiettore e lo schermo) e ricatturarlo in 16mm in un bianco e nero sgranato, sfarfallante, straniante, imperfetto al punto di poterlo scambiare per un cimelio cinematografico di inizio '900, lo pone come antitesi del precedente, idilliaco “Heima”: mentre quest'ultimo dipingeva la band quasi come parte integrante dello spettacolare paesaggio degli altopiani islandesi o in simbiosi con le composte audience dei villaggi costieri, “Inni”, con le sue dissonanze e i suoi chiaroscuri è la proiezione in un ambiente estraneo delle loro complesse personalità artistiche. Merito di tutto ciò va ovviamente al regista canadese Vincent Morisset, che opta per un'interpretazione del tutto nuova e inizialmente spiazzante di un formato spesso stereotipato come il live video, concentrandosi spesso su dettagli e particolari anche mediante l'utilizzo di piccole “spy cameras”; non del tutto convincente invece, a mio avviso, la scelta di inframezzare i brani con spezzoni di filmati amatoriali e interviste risalenti ad epoche differenti.
Il doppio CD (o tre LP nella versione in vinile) costituisce un compendio più equilibrato ed esaustivo della loro carriera, includendo brani tratti da tutti i dischi fin qui pubblicati, incluso quel “Von” oggi lontano anni luce, qui rappresentato dalla consueta rielaborazione di “Hafssól”, ormai con ben pochi punti di contatto con l'originale del 1997. Sono gli estratti da “Ágætis byrjun” a risentire maggiormente dell'assenza degli archi, sostituiti ove possibile da sferzanti accordi di chitarra elettrica suonata da Jónsi con l'archetto del violino (ormai una posa-simbolo per il frontman); ecco quindi che “Ný batterí” assume caratteristiche sinistre, con la batteria di Orri Dýrason mai così “pesante” in passato, e tutta la band a giocare sulla dinamica degli alti e dei bassi, usando per una volta – ma in maniera del tutto personale – gli stratagemmi tipici di un post-rock la cui formula è comunque troppo restrittiva per poter essere applicata al loro sound. Dal punto di vista emozionale, si raggiunge l'apice con l'ipnotica (a dir poco) “Svefn-g-englar”, showcase ideale per l'intenso falsetto di Birgisson, appena adagiato sul tappeto organistico tessuto da Kjartan Sveinsson. L'album “( )” è qui rappresentato da “E-bow (Untitled #6)” e dall'usuale, pirotecnica chiusura con “Popplagið (Untitled #8)”, la cui coda si estende in un liberatorio rituale percussivo, mentre i tre estratti da “Takk” si distinguono per l'urgenza quasi infantile di “Glósóli” e “Hoppípolla” e per l'indecifrabile obliquità di “Sæglópur”, racconto di un'avventura in acque insidiose che contrappone nervose iterazioni pianistiche circolari ad un finale infuso di pace e tranquillità. Infine, un lavoro tacciato a volte di eccessiva semplificazione come “Með suð...” mostra di poter ben figurare con i suoi brani intercalati ad un repertorio spesso più “drammatico”: l'oasi di dolce malinconia di “Fljótavík”, che può vantare una melodia vocale tanto nostalgica quanto sospesa e inafferrabile ed un incerto Mellotron a sottolinearne l'imperfetta bellezza, il raccolto intimismo di “All alright”, la festosità di “Inní mér syngur vitleysingur”, con il suo pianoforte saltellante suonato a quattro mani da Jónsi e Kjartan e l'analoga leggerezza di “Við spilum endalaust”, per arrivare a “Festival”, che dopo un esordio in tono minore affidato ad una voce quasi “a capella”, sfocia in un finale sinfonico e maestoso condotto dalle martellanti note di basso di Georg Holm. L'album ed il video si concludono con un nuovo brano (“Lupplagið”), antipasto del nuovo lavoro in studio cui i Sigur Rós iniziarono a lavorare già nel 2009, nel mezzo del loro periodo sabbatico, che ha l'effetto di preparare l'ascoltatore ad una svolta in chiave maggiormente ambient ed elettronica.
Mi pare ormai superfluo aggiungere che “Inni” (pubblicato in una miriade di versioni più o meno ricche di formati audio/video, gadget, cartoline, 45 giri bonus in vinile trasparente, addirittura ritagli dei costumi di scena indossati all'Alexandra Palace, per la versione speciale in tiratura limitata!) oltre a rappresentare a mio parere un esempio principe di come un album live dovrebbe essere concepito, si pone come acquisto irrinunciabile per i cultori del gruppo islandese, nonché come ottima base di partenza per iniziare a curiosare nella loro preziosa discografia.



Bookmark and Share
 

Mauro Ranchicchio

Collegamenti ad altre recensioni

SIGUR ROS ( ) 2002 
SIGUR ROS Takk 2005 
SIGUR ROS Með suð í eyrum við spilum endalaust 2008 
SIGUR ROS Valtari 2012 

Italian
English