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Continua l'inarrestabile ruolino di marcia della prolifica band messicana, che, dopo una piccola rivoluzione nella line-up e delle registrazioni che vedono coinvolti anche musicisti spagnoli, ci regala un doppio album di pregevole rock sinfonico per oltre un'ora e mezza di musica. La ricetta non è cambiata di molto e possiamo così ascoltare un lavoro evocativo, con i consueti bombardamenti di tastiere, i cambi di tempo, delicate melodie pianistiche, belle trame e interessanti assolo strumentali, con qualche sprazzo più jazzato ed un tocco latino maggiore del solito, dovuto soprattutto al cantato in madrelingua. "Al-bandaluz" ci presenta, così, dei musicisti in forma smagliante, in una proposta magari non originale, ma comunque seducente per chi nel prog cerca modelli ben precisi. Come sempre, i Cast si fanno apprezzare sulla lunga distanza ed infatti i pezzi da novanta sono stavolta le due suite "Encrucijada" (strumentale, presente sul primo dischetto) e "El puente" (sul secondo). Due composizioni di ampio respiro in cui, tra le continue variazioni ritmiche, il leader e tastierista Alfonso Vidales ci offre saggi di bravura tra funambolismi e delicati momenti più romantici, e nelle quali si mettono spesso in mostra i fiati dell'ospite Pepe Torres. I Cast proseguono quindi imperterriti per la loro strada caratterizzata da un prog sinfonico ispirato a grandi modelli del passato quali Genesis e Yes e dopo le ultime prove un po' altalenanti ritornano in grandissimo spolvero, per la gioia dei numerosi appassionati che seguono la band messicana da ormai quasi un decennio. Non so se si possa parlare di miglior album del gruppo, di sicuro "Al-bandaluz" va ad assestarsi in una posizione decisamente elevata nella discografia dei Cast.
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