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NEMO Les nouveaux mondes (2022) Quadrifonic 2022 FRA

Di buon diritto considerati una delle principali e più consistenti band di rock progressivo francese degli ultimi vent’anni, i Nemo possono vantare ben nove album in studio dall’esordio del 2002 a quello che per ora resta ultimo lavoro di inediti, “Coma” (2015). L’ensemble guidato dal cantante e chitarrista Jean Pierre Louveton è in seguito entrato in una fase di “pausa indefinita”, consentendo a quest’ultimo di dedicarsi pienamente alla carriera solista, portata avanti parallelamente dietro la sigla JPL, per cui ha ricevuto altrettanti attestati di stima da pubblico e critica, rivelandosi inoltre straordinariamente prolifico. Accade spesso e volentieri che pause di questo tipo coinvolgano in particolare l’attività live, poiché i contatti con i restanti membri del gruppo non sono mai realmente venuti meno, essendo essi stessi coinvolti a vario titolo nelle produzioni di JPL. In questo modo, forse in un momento di nostalgia canaglia, nasce l’idea nel 2018 di rivisitare il secondo album “Présages” (2003), risuonandolo totalmente con la line-up corrente dei Nemo e la tecnologia moderna. Ciò che abbiamo nelle mani, ormai dovrebbe essere palese, è invece la rivisitazione nel ventesimo anniversario dell’album d’esordio album “Les nouveaux mondes”, in cui Louveton è affiancato dal fedele tastierista e membro fondatore Guillaume Fontaine, dal bassista Lionel B. Guichard e dal batterista Jean Baptiste Itier, una configurazione immutata da oltre 15 anni.
Vi racconteremo una storia, una storia straordinaria. Una storia di imprese e scoperte. Una storia di sfide e progressi. Vi racconteremo la storia di questi uomini che hanno fatto avanzare il mondo, che hanno spinto indietro le barriere dell'impossibile”. La storia in questione si apre con “Abysses”: brano scattante, sostenuto da riff incisivi di chitarra oserei dire di scuola Rush, perfettamente contrappuntati dal piano, con Louveton sempre misurato anche negli assoli e un’interpretazione vocale drammatica, adatta allo scenario “oceanico” delle liriche. Al termine è difficile capacitarsi della durata di 10 minuti, tante sono le variazioni ed i contrasti all’interno del pezzo tra momenti heavy e melodici a far sì che non si cada mai nella noia. “Dr Fergusson et les caprices du vent” è una mini-suite divisa in due sezioni non consecutive in cui siamo deliziati dapprima da sezioni più quiete ed espressive che nella seconda parte lasciano spazio alla magniloquenza (l’orientaleggiante “Au-dessus des pyramides” è un po’ la loro Kashmir), a dimostrazione che la band sa esprimersi al massimo anche quando abbandona certe soluzioni più legate al tecnicismo, che invece pervadono lo spigoloso strumentale “Danse du diable”. Brani più lunghi come “Tempête” e “Dans la lune encore” riescono a mantenere alta l’attenzione grazie a influenze eterogenee (a volte sovviene qualche parallelo con l’incarnazione attuale degli Ange, altre volte si strizza l’occhio a soluzioni new-prog); si può apprezzare particolarmente l’affiatamento della sezione ritmica, che asseconda con aplomb le stravaganze dei due estrosi solisti.
Le ultime quattro tracce sono parte della suite “Philéas”, della durata di 20 minuti, ispirata da “Il giro del mondo in 80 giorni” di Jules Verne: “Départ/Europe” parte a razzo grazie alla solita chitarra tagliente di Louveton e l’indiavolata batteria, ma è l’organo di Fontaine a brillare in questo frangente come mai prima nel disco; la tappa estremorientale del viaggio di Fogg è descritta da “Les fleuves sacrés”, con chitarre e “strumenti virtuali” ad evocare il suono del koto e della marimba. Altre percussioni idiofone introducono “Luna”, ideale ribalta per J.B. Itier in cui si passa da ipnotici rimandi a Mike Oldfield fino ad un eccentrico coro in odore di zeuhl. Il viaggio si conclude serenamente con gli effluvi quasi fusion della title-track, in cui il piano e rarefatti tappeti di tastiere contendono la scena all’incontenibile chitarra elettrica, indiscussa regina dell’album.
Il CD non finisce qui, ma aggiunge come tracce bonus “Africa”, la versione riarrangiata di un brano pubblicato solo su demo nel lontano 1997 e “Battleship”, una traccia live inedita registrata nel 2002 durante il primo concerto in assoluto del Nemo.
Non conosco la versione originale di “Les nouveaux mondes”, ma posso senza remore consigliare l’ascolto di questo “aggiornamento” agli affezionati del prog francofono ed in definitiva a chiunque apprezzi ancora del rock sinfonico suonato e composto a regola d’arte senza cercare innovazione ad ogni costo.



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Mauro Ranchicchio

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