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PATRICK BROGUIERE Châteaux de la Loire Gimmick Productions 2000 (Gimmick Productions 2023) FRA

A parer di chi scrive, l’interesse verso le opere di Patrick Broguière da parte degli appassionati prog poteva essere molto maggiore, considerando la qualità della proposta. I quattro album realizzati tra il 1994 e il 2000 erano molto belli, ma sembra che oggi siano in pochi a ricordarli. Il nuovo “A secret world” e l’opera di ristampa delle vecchie produzioni sono una importante opportunità per dare nuova visibilità a questo artista dotato di notevole estro. Cogliamo così l’occasione di riproporvi questo “Châteaux de la Loire” che era stato il suo ultimo lavoro prima di un lungo silenzio interrotto solo di recente. La fonte di ispirazione per questo album va vista in sette castelli della Valle della Loira, veri gioielli dell’epoca del Rinascimento. Anche in questa occasione Broguière fa quasi tutto in completa solitudine, suonando tutti gli strumenti e venendo accompagnato al canto da un ospite solo in un brano. Alla moderna ed elettrica strumentazione composta dal suo parco chitarre e tastiere, affianca anche fiati e archi, inserendo persino strumenti antichi. L’inizio affidato al terzetto formato dalle due parti di “Pavane des bâtisseurs” e da “Saltarello” riprende a livello musicale quanto fatto con il precedente “Moint Saint-Michel”, colpendo subito favorevolmente con un sound allo stesso tempo classicheggiante, medievale e prog. Con “La conjuration d’Amboise” le atmosfere si fanno più misteriose, ma mantengono pienamente quel fascino arcaico che contraddistingue la proposta di Broguière, mentre “La ballade du balafré” è una ballata coinvolgente che va in crescendo e rappresenta l’unico pezzo cantato. Si prosegue poi tra soluzioni vicine all’ambient con tappeti di tastiere (“Chambard, l’escalier féerique”), un breve ed elegante episodio per sola chitarra acustica (“Galliard”), nuovi intrecci prog-folk-medievali (“Un fête à Chenonceau”, “Azay-le-Rideau, rêverie sur l’Indre e “La Dame de Montsoreau”). In conclusione, c’è una composizione suddivisa in due tracce, “Les jardins de Villandry”, che è a più ampio respiro e più articolata. Non che si avvertano stravolgimenti, ma dipanandosi in quasi dieci minuti presenta dinamiche più particolari, con cambi di tempo favoriti anche da sezioni più ritmate. Più che in precedenza, forse, si avvertono similitudini con i Minimum Vital, ma a tratti possono venire in mente anche Mike Oldfield (fonte di ispirazione spesso avvertibile nei dischi di Broguière), i Gryphon e il Rick Wakeman delle “Sei mogli”. Indichiamo questi nomi come termine di paragone, giusto per provare a dare un’idea un po’ più precisa riguardo lo stile dell’artista francese, che comunque segue un percorso proprio e carico di un fascino non facile da descrivere. Lo ribadiamo: Patrick Broguière è un musicista di talento che ha sfornato dischi estremamente interessanti e con il suo recente ritorno sulle scene ci sembra doveroso suggerire una “riscoperta”, per le nuove leve e per coloro ai quali erano sfuggiti i primi quattro dischi. Segnaliamo, infine, che anche “Châteaux de la Loire” è arricchito da un libretto di accompagnamento che contiene tante note e immagini per approfondire il concept che c’è alla base.



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Peppe Di Spirito

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