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ARABS IN ASPIC Strange frame of mind Panorama Records 2010 (Black Widow 2011) NOR

Questo quartetto norvegese ha scelto proprio un nome particolare che lascia immaginare suggestioni musicali che non troviamo in questa loro seconda opera discografica su lunga distanza: non gustiamo nessun sapore d’oriente né mi sento di dire che i King Crimson, che di pietanze in gelatina ne sapevano qualcosa, siano fra i loro principali ispiratori, anche se in generale fragranze e aromi provenienti dagli anni Settanta sono ben rappresentati. Persino i morbidi colori e le linee sinuose del disegno in copertina tradiscono i sensi… e allora che sorpresa troveremo in questo scrigno musicale? Il primo gruppo che mi è venuto in mente è quello degli svedesi Black Bonzo degli esordi. E’ strano citare come pietra di paragone di un gruppo derivativo, un altro gruppo palesemente derivativo, ma proprio in quel piacevole modo di mescolare le diverse influenze riesco a trovare dei punti di contatto interessanti. Ascoltate ad esempio “The Flying Norseman”, una traccia diretta, con idee semplici e chiare ma assemblate in maniera splendida ed ammiccante che potrebbe benissimo far parte dell’album “Lady of the Light” dell’appena citato gruppo scandinavo. Bisogna dire che il lead-vocalist (anche se ne sono indicati tre fra le note di copertina: Jonstein Smeby, che suona anche le chitarre, il bassista Erik Pulsen ed il tastierista Stig A. Jørgensen) non ha lo stesso magnetismo e la stessa classe di Magnus Lindgren ma la sua prestazione è più che dignitosa e molto adatta alla proposta. La musica, forse a questo punto lo avrete capito, è un caldo impasto di hard-blues con una buona componente tastieristica, non privo di slanci sinfonici. A prevalere è un organo Hammond ruvido e graffiante ma a tratti, fra riff e sequenze sonore che ricordano ora i Black Sabbath e ora i Deep Purple, sembra di sentire quasi i Camel o qualche miniatura Genesisiana: in tal senso ascoltate per esempio la seducente “Fall Til Marken”. L’album è sicuramente ricco di energia con brani tirati come “Have you ever seen the rain, pt 2”, ma non mancano i pezzi di atmosfera, con riferimenti a Beatles e Pink Floyd, in cui scorgiamo anche bei tappeti di tastiere vintage, e cito ad esempio la romantica “Into My Eye” o anche “Arabide”, intrisa di fumi psichedelici. Vagamente mi sembra di percepire anche qualcosa dei Ruphus, anche se la musica di questi illustri connazionali rimane per i nostri arabi in salsa di gelatina, molto meno raffinati e decisamente meno dotati sul profilo tecnico, un sogno assai lontano. Molto bella la costruzione della title-track in cui si alternano cori romantici e momenti sinfonici. Personalmente amo meno i momenti festaioli, come “TV”, con i suoi cori Zappiani, e non apprezzo molto la scelta di mettere a chiusura di questa ristampa (la prima uscita era solo su vinile) la cover di “Hocus Pocus” che sembra appiccicata lì come un corpo estraneo, ma si tratta comunque di imperfezioni che possiamo perdonare ad un disco sicuramente gradevole e ben confezionato. L’idea è che la band abbia realizzato un album secondo le proprie possibilità, senza strafare, ottenendo un lavoro assolutamente non pretenzioso, sincero e graffiante, che sicuramente saprà, nonostante i suoi evidenti limiti, divertire e intrattenere… e, credetemi, non è questa una dote da poco.


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Jessica Attene

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