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BIG BIG TRAIN The second brightest star English Electric Recordings 2017 UK

Che ci crediate o no, a pochissima distanza dal loro decimo album, il freschissimo di stampa “Grimspound”, esce un lavoro nuovo di zecca dei Big Big Train che al momento, e non credo proprio di sbagliare nell'affermarlo, rappresentano uno dei gruppi prog più amati ed acclamati. In realtà i minuti inediti sono poco più di quaranta, anche se devo dire che non è assolutamente poco, ed il resto del materiale comprende le versioni strumentali di alcuni brani tratti dai precedenti due dischi fra i quali spiccano quelle di “Brooklands” e “London Plane”, rielaborate in forma estesa e della durata rispettivamente di 17 e 13 minuti. A questi due pezzi lunghi viene poi affiancato “The Gentlemen’s Reprise” di appena tre minuti e che ricalca un pezzo dal titolo simile pubblicato su “Grimspound”. Vi assicuro che questi pezzi appena citati presentano un valore tale da giustificare l'acquisto del CD ma ovviamente l'opera non si limita a questo e fra nuovi pezzi ed inediti abbiamo nuove avventure musicali e nuovi racconti da esplorare.
Al di là dell'origine eterogenea della musica, i 7 nuovi brani presentano una affinità di stile e di ispirazione notevolissima, tali da farli sembrare i vari momenti di un unico racconto. Ed in particolare ciò che mi colpisce di più è la dolce e malinconica poeticità di questo album, suonato in modo pacato e discreto, dando voce ad emozioni e sentimenti profondi che non vengono sommersi da inutili note, nonostante la ricchezza dei colori musicali. L'ascolto offre una sensazione di grande empatia con melodie carezzevoli in cui è sublime sprofondare i propri pensieri fino a perdersi, confondendo i propri sentimenti con quelli di chi suona.
La title track, collocata in apertura come una stella polare che indirizza il nostro percorso, è nata dal raccordo di alcuni temi melodici tratti da “The Underfall Yard” (2009) e proprio per questo, a tratti, suona come stranamente familiare. La storia è quella di alcuni vecchi amici che si ritrovano dopo tanto tempo e la musica lieve e avvolgente è intrisa di sentimenti di nostalgia che sembrano culminare con le struggenti note degli archi seguiti dalla chitarra bluesy di Rikard Sjöblom e da una performance vocale di David Longdon dal dirompente impatto emotivo. Proprio in questa dimensione romantica i Big Big Train perdono alcune stereotipie del prog sinfonico più classico concentrandosi sul versante emotivo, in una veste forse più fresca ed immediata e meno sofisticata.
“Haymaking” è un breve strumentale che offre un'immagine di gaia spensieratezza, con un effetto che mi fa quasi pensare agli Echolyn storici di “Suffocating the Bloom” in versione semi orchestrale. Questo delizioso intermezzo di appena tre minuti ci porta verso un altro brano molto introspettivo e soft, “Skylon”, dal nome di una costruzione futuristica in acciaio che, sostenuta da grossi cavi, sembrava fluttuare a mezz’aria. Costruita in occasione del “Festival of Britain” del 1951 e smantellata alla sua conclusione, viene descritta nei versi dei Big Big Train come attraverso gli occhi sognanti un bambino, pieni di speranza per il futuro ma con alle spalle la devastazione della seconda guerra mondiale. Le atmosfere, dotate di grande pittoricità, seppure ariose e sostenute da raffinatissimi arrangiamenti, si portano nel cuore qualcosa di plumbeo ed ineluttabile, ispirando sentimenti contrastanti. Il brano era stato inizialmente pensato per essere inserito nell’album “Folklore” ma finì con l’essere escluso anche da “Grimspound” e forse anche per questo mostra una grande affinità con questi album.
“London Stone” è un piccolo gioiello strumentale di soli due minuti, inizialmente pensato come introduzione di “London Plane” per l’album “Folklore” e che ora campeggia in solitario in questo nuovo album, con parti di chitarra rinnovate e scintillanti a contrappuntare un piano romantico e sinfonico. Le sue atmosfere tenui si stemperano di fatto nella successiva “The Passing Widow” con la quale si pone sulla stessa lunghezza d’onda emotiva. Quest’ultimo brano, costruito sulle note solitarie del piano, fa leva soprattutto sul cantato di Longdon che ispira solitudine e rassegnazione offrendoci la storia di una donna che sopravvive alla morte di suo marito trovando la forza di andare avanti. Anche qui la musica è declinata con dolcezza, trasportandoci in modo carezzevole senza inutili clamori e in modo sognante in un misto di dolore e speranza.
“The Leaden Stour” è ispirata ad un piccolo fiume che, durante il suo lungo percorso, taglia paesaggi incantevoli con un piccolo ramo chiamato appunto Leaden Stour, con melodie nate in occasione di passeggiate lungo le sue rive. Ovviamente il fiume ha assistito a numerose storie, alcune delle quali sono state ritratte nei versi di questa canzone. Associazioni mentali con un celebre brano dei Genesis sono naturali ma il tessuto di questo brano, molto suadente e finemente abbellito da archi ed ottoni, ha in sé qualcosa di profondamente Beatlesiano.
Il lotto delle nuove tracce si esaurisce con un altro strumentale “Terra Australis Incognita”, pezzo che fu sviluppato in un primo momento come il tema di chiusura di “Experimental Gentleman” nell’album “Grimspound” e che ora si trova a fare da cornice delicata a questa nuova opera.
Alla seconda parte del CD abbiamo già accennato in apertura e gioco forza si tratta di qualcosa di separato rispetto alle prime 7 tracce. Una specie di corposo bonus che riempie i numerosi minuti ancora a disposizione sul supporto di alluminio e che possono essere accolti con entusiasmo dai fans. Quello che potrebbe essere considerato come un disco di ritagli e curiosità si rivela invece come un’opera a sé stante che si regge benissimo in piedi e che presenta per di più caratteristiche interessanti ed uniche, in grado di aprirci prospettive nuove su un gruppo che abbiamo imparato a conoscere ed apprezzare e che riserva evidentemente sempre nuove sorprese. C’è chi addirittura preferisce questo nuovo album ai due precedenti, forse è una valutazione esagerata ma d’altra parte mi sento di comprendere appieno questo giudizio. Indi per cui, se pensavate di poter fare a meno di questa ennesima uscita, devo dire che sarete costretti ancora una volta a rispondere prontamente all’appello.



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Jessica Attene

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