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FLÄSKET BRINNER Fläsket brinner Silence Records 1971 (Flawed Gems 2010) SVE

Quante volte ci siamo riempiti la bocca di parole benevole e piene di entusiasmo parlando del prog svedese, pensando d’istinto alla nuova ondata degli anni Novanta, Änglagård in testa che sono persino ritornati dal sepolcro dove erano stati lasciati anni fa, ma tralasciando colpevolmente chi, anni prima, quella corrente la ha fatta nascere in maniera assolutamente più avventurosa, innovativa e coraggiosa? Mancava una ristampa di questo album, tanto invocata e giunta a 39 anni suonati dalla pubblicazione del vinile originale e persino io che la attendevo con ansia (pur possedendo il vinile originale, sia chiaro), la scopro con discreto ritardo. Ma sono qui per rimediare, dandovi la lieta novella e spronando a colmare le eventuali lacune, voi che vi dichiarate amanti del sound svedese ma che forse ne ignorate le profonde radici.
Siamo nel 1970 ed il big bang del Progg Svedese era iniziato già da qualche anno. La madre di molti gruppi Progg, stiamo parlando degli Atlantic Ocean, si scioglie con la neve in primavera ed il reduce Sten Bergman (organo e flauto) inizia a radunare nuovi compagni per portare a termine il tour già programmato. Gunnar Bergsten (sax), Bengt Dahlén (chitarra), Perr Bruun (basso) e Erik Dahlbäk (batteria) rispondono all’appello ed ecco pronti i Fläsket Brinner, come dire in italiano la carne (di maiale) brucia. L’occasione di presentarsi al mondo è di quelle leggendarie: si tratta della seconda edizione del festival di Gärdet che ha visto esibirsi tanti personaggi chiave della folta scena musicale svedese e che ancora oggi è ricordato come evento simbolo del movimento (una specie di Woodstock locale), grazie anche ad un bellissimo doppio vinile verde intitolato “Festen på Gärdet” pubblicato dall’etichetta indipendente Silence.
L’esordio discografico arriva nel 1971 e vede aggiungersi alla formazione l’ospite Owe Gustavsson al contrabbasso, in un paio di tracce, ed il leggendario Bo Hannson all’organo in un altro pezzo da lui stesso composto (“Bosses Låt”). Il lato A era occupato da due brani, “Gånglåten” più il lungo “Tysta Finskan”, registrati durante un concerto tenutosi nel Dicembre del 1970 alla Kunsherthuset di Stoccolma, in occasione del quale la band aprì per i Mothers of Invention. La traccia di chiusura del lato B, “Musik från Lilievalchs”, ha medesima origine, mentre le restanti cinque sono state registrate live in studio. Le tracce del concerto e quelle comunque suonate in presa diretta in studio posseggono la stessa energia e sono qualcosa che persino ai nostri tempi, con tutta l’acqua passata sotto i ponti, continuano a sorprenderci. Come il titolo stesso di “Gånglåten” dimostra, ricordando un tipico ritmo di marcia, la musica tradizionale svedese viene spesso utilizzata come uno dei tanti ingredienti dell’impasto. “Gånglåten” possiede infatti il ritmo ripetitivo e cadenzato del gånglåt sul quale viene costruita una melodia in crescendo con un effetto di attesa che rende il pezzo molto adatto ad essere utilizzato come introduzione. La già citata “Tysta Finskan” è un’orgia di colori e ritmi lungo i quali si dimena furioso un graffiante e ruvido organo Hammond col sax che lo insegue in maniera vorticosa facendosi largo fra fumi psichedelici e pulsanti trame jazz-rock. Riferimenti a Hendrix, Santana, King Crimson e soprattutto a quei geni di Hansson & Karlsson non sono fuori luogo anche se il gruppo ha una sua personalità che non tiene di certo a freno. Sono molti i momenti di improvvisazione e di estasi in cui prevale l’istinto di musicisti brillanti e preparati ed il brano presenta quindi una struttura aperta e versatile che sembra trasformarsi continuamente come le figure che si ottengono ruotando il caleidoscopio. Il pezzo termina in maniera quasi inaspettata, fra gli applausi del pubblico e già sarebbe ora di girare il vinile, se non fosse per il fatto che il CD ci evita di alzarci dalla sedia e la musica può quindi continuare senza interruzione.
Notevoli sono le spinte sinfoniche di “Gunnars Dilemma”, un brano hard progressive di chiara ispirazione Zappiana che mette in evidenza lo spirito festoso della band. Nel breve “Bengans Vals”, poco meno di un minuto di durata, riemergono i riferimenti folk stemperati in belle atmosfere soft jazz. “Bosses Låt” è un piccolo gioiello che non fa altro che dimostrare il grande talento di Bo Hansson nell’individuare melodie che colpiscono l’immaginazione. E’ ora la volta di “Räva” che fa percepire nettamente il salto qualitativo fra le registrazioni del concerto, più ruvide, e quelle in studio leggermente più pulite. “Uppsala Gård” possiede un tocco di magia da circo che fa pensare in qualche modo al repertorio dei Samla Mammas Manna, con tanto di coretti strampalati. Si tratta di uno dei due pezzi, assieme a “Bengans Vals”, in cui interviene il contrabbasso di Owe e la goliardia dell’apertura è perfettamente controbilanciata da un finale al fulmicotone decisamente virtuosistico che sfortunatamente si conclude in maniera brusca lasciandoci come degli affamati a cui è stato portato via il boccone che appena appena avevano iniziato ad assaporare. Energica e rumorosa, suonata in maniera tentacolare, “Musik från Liljevalchs” è ormai la traccia di chiusura con la quale si totalizzano quaranta minuti buoni di musica inebriante da godersi a volume sostenuto.
Nell’Agosto del 1971 Sten Bergman lascia il gruppo e Bo Hansson ne prende il posto all’organo Hammond. L’anno successivo è quello del secondo album, un doppio LP della cui ristampa ci siamo già occupati su queste pagine, ma si tratta di un altro capitolo che ovviamente siete invitati ad esplorare. Per il momento potete benissimo iniziare a fare la conoscenza con i Fläsket Brinner da qui, aprendo così una piccola finestra su un panorama musicale variegato, importante e stimolante che ha poco da invidiare, credetemi, ad altre realtà più celebrate.


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Jessica Attene

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