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THE FYREWORKS The fyreworks Festival 1997 UK

Fuochi artificiali... già, proprio ciò che ci varrebbe per descrivere e festeggiare al tempo stesso questo disco e la nascita di questo progetto che, spero vivamente, avrà vita lunga e ci offrirà altre soddisfazioni come questa, I Fyreworks comprendono 5 musicisti britannici (in prevalenza gallesi) e tra di essi spiccano, per quanto ci concerne, Rob Reed, grande tastierista e unico depositario del marchio Cyan, e Andy Edwards, voce degli Ezra. Ad essi si affiancano tre turnisti dai buoni trascorsi (Danny Chang, già nei Quintessence, Pink Fairies e Patto; Doug Sinclair, che annovera collaborazioni con Womack and Womack, Simon Phillips e Steve Hackett; Tim Robinson ex membro dei The Pier) che decidono per l'occasione di tornare alle antiche passioni del Progressive anni 70. Prog sinfonico è infatti ciò che abbiamo qui, forse non totalmente riconducile agli anni 70, ma quel che conta è il risultato e in questo caso il risultato parla di 7 brani stupendi, a partire dall'avvio affidato a "Master Humphries clock", forse il top dell'album, una tentacolare composizione, pur non avendo un minutaggio elevatissimo, i cui si rincorrono riff di chitarra, aperture di tastiere, brevi fughe di synth mozzafiato... bellissimo! Molto bella anche "Stowaway", in cui un flauto la fa da padrone dettando il tema e rincorrendo l'intrecciarsi dei vari strumenti. Pur essendo in presenza di chiari riferimenti al Progressive di scuola Genesis, non sì può dire dì essere in presenza di una clonazione, anzi il risultato non si accosta poi molto ad alcuna produzione di Gabriel e soci, spaziando un po' da tematiche Jethro-Tulliane a momenti melodici stile Camel, non disdegnando tuttavia qualcosa di hard rock seminale. Quest'insieme non ci fa accostare veramente i Fyreworks ad alcun gruppo, per lo meno non direttamente. Prendiamo ad esempio il brano "Balloon" che, se vogliamo, presenta in sé alcune caratteristiche che ci riportano ai primissimi anni 70, a gruppi ancora molto legati alla psichedelia... ma si tratta giusto di un episodio limitato che va ad arricchire questa splendida mistura. Nonostante Il nome del gruppo, non aspettatevi comunque fuochi artificiali ritmici e bombardamenti sonici: tutto quanto è fatto quasi in punta di piedi, riuscendo ad incantare l'ascoltatore, più che a stupirlo. Si tratta davvero di un disco che affascinerà ogni appassionato di Progressive sinfonico, di quello che ha indotto la maggior parte di noi a orientarsi verso questa musica.

 

Alberto Nucci

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