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KOMPENDIUM Beneath the waves 7Stones Records 2012 UK

Soltanto per la cura nella realizzazione di questo progetto, per l’attenzione ai dettagli e per le risorse utilizzate, non ultima la scelta di ricorrere a studi di registrazione come i celebri Abbey Road per quel che riguarda il contributo dell’English Chamber Choir, Rob Reed, compositore, produttore, pianista e bassista, meglio conosciuto nel nostro circuito per la sua militanza nei Magenta, meriterebbe un encomio speciale. Nel nostro mondo che sempre più va piegandosi al dio del facile consumo è sempre più difficile realizzare le proprie idee in questo modo, specie se non si hanno le risorse di una major. Eppure Rob Reed non ha badato a spese a quanto pare e ci ha messo ben tre anni per portare a termine il suo progetto.
La musica che egli stesso ha composto, con liriche di Steve Reed (il paroliere dei Magenta in pratica), la ha affidata a una foltissima schiera di artisti che vale la pena passare in rassegna, visto che il loro contributo caratterizza molto quest’opera. La voce solista è essenzialmente quella vellutata e soft di Steve Balsamo, conosciuto soprattutto in ambito teatrale per la sua interpretazione del ruolo di Gesù nel celebre musical di Lloyd Webber, anche se in molti episodi è affiancata dall’incantevole presenza di Angharad Brinn, nel ruolo di protagonista femminile, e da Christina Booth dei Magenta che agisce però sempre sullo sfondo, nei controcanti. Vi è poi, come anticipato, l’English Chamber Choir a sottolineare i momenti di maggiore enfasi, a volte con interventi quasi operistici ma molto più spesso con elementi quasi tribali davvero particolari. E’ importante far notare la decisa connotazione celtica di questa musica, con abbellimenti etnici diffusi che si mescolano gentilmente ad un prog romantico a tenui tinte sinfoniche, molto elegante e arioso. Non casuale in questo senso è la partecipazione di Troy Donockley degli Iona, gruppo che più volte affiora alla memoria nel corso dell’ascolto, con le sue incantevoli Uillean Pipes ed il suo corredo di high e low whistles. Le varie parti e i diversi camei solistici di chitarra sono a cura di personaggi quali Steve Hackett, Francis Dunnery, B.J. Cole, Neil Taylor (Tears For Fears, Robbie Williams ecc.), Jakko Jakszyk (Level 42, The Lodge, Robert Fripp), John Mitchell (It Bites, Frost*, Arena), Nick Barrett (Pendragon), Hywel Maggs e Chris Fry, questi ultimi due legati sempre ai Magenta. La sezione ritmica è retta dall’ex Porcupine Tree Gavin Harrison alla batteria, da Nick Beggs al Chapman Stick e dallo stesso Rob Reed al basso, e poi abbiamo diversi altri ospiti che arricchiscono di tanti piccoli particolari una maglia musicale pur sempre fragile e lieve, nonostante i tanti ingredienti, con oboe, violini, violoncello, corno francese, ulteriori inserti vocali femminili e sax, quest’ultimo a cura di Mel Collins.
La carne al fuoco è davvero tanta e a questo punto è quasi scontato dire che l’album si basa su un concept, la cui trama prende forma anche grazie alle belle illustrazioni di Geoff Taylor che si possono ben ammirare nel voluminoso book a pagine patinate, grande come un vecchio 45 giri, che correda l’album. La storia narrata è struggente: Connor MacGregor manca dal suo villaggio da almeno due settimane e si inizia a temere per lui. Era molto cambiato dalla morte di Lilly, sua moglie, e si abbandonava a solitarie passeggiate sulla spiaggia. Lilly si era suicidata dopo la morte del loro primo figlio, sei mesi prima, e il giovane si era messo a lavorare su una barca da pesca per sfuggire ai ricordi. Forse si sentiva colpevole per la morte della moglie. Un giorno riuscì a scampare miracolosamente ad una terribile tempesta che inghiottì tutto l’equipaggio lasciando in vita solo lui. Nel momento di massimo pericolo vide tra le onde la sua Lilly che sembrava attenderlo. Da allora vagava di spiaggia in spiaggia e da una di quelle passeggiate non è più tornato anche se gli amici continuano a cercarlo.
Una storia così non poteva che essere accompagnata da una musica dai toni romantici, dotata di grande sentimento e di una malinconia senza fine, come le profondità oscure dell’oceano. Le colorazioni etniche ci aiutano ad immergerci in scenari naturali ampi e selvaggi dominati dal mare, dagli scogli e da vaste e verdi distese erbose, mentre gli elementi orchestrali ingentiliscono arrangiamenti sofisticati, finemente particolareggiati ma che danno una piacevole sensazione di leggerezza. I Magenta necessariamente rientrano fra i punti di riferimento che possiamo offrire, così come anche gli Iona e, in alcuni tratti, non sono fuori luogo accostamenti con i Pendragon di “Masquerade”, anche se qui mancano tutti gli appesantimenti tastieristici del Moog in favore di soluzioni di più ampio respiro disegnate da cori di archi. In fondo gravitiamo sempre nella sfera del New Prog, con tutte le particolarità e gli abbellimenti del caso, ed è bene non dimenticarlo per non stupirsi troppo quando la languidezza finisce col prendere prima o poi il sopravvento. La storia dei nostri sfortunati protagonisti è sempre al centro, con gli elementi musicali che non fanno altro che aggiungere enfasi e particolari agli avvenimenti. Le liriche hanno ovviamente un ruolo chiave anche se non sommergono mai la musica che a volte è piuttosto diluita.
L’interpretazione di Steve Balsamo aiuta molto a decifrare le emozioni del protagonista e tutt’attorno è un delizioso pullulare di cori, controcanti e intrecci vocali di vario tipo con tante colorazioni strumentali che si succedono o intrecciano rapidamente ma senza affollare mai lo spartito. Le parti di chitarra sono molto belle e forniscono interventi attentamente studiati. Ogni brano ha i suoi assoli che si incastrano perfettamente nel contesto generale, senza forzare l’attenzione dell’ascoltatore sul virtuosismo dei singoli musicisti. C’è molto spazio per le parti strumentali, fattore che conferma la costante ricerca delle giuste atmosfere emotive e che aiuta l’album a scorrere agilmente dando l’impressione di un’opera corale e non spezzettata in capitoli slegati.
Non mancano alcune bizzarrie come ad esempio il brano “Il tempo è giunto” con un testo in italiano interpretato dal tenore Rhys Meirion, breve per fortuna e forse un po’ troppo ampolloso nell’ambito di un’opera con tanti richiami classici ma pur sempre melodica e fruibile. Non mancano poi episodi che si sbilanciano in modo più deciso verso l’AOR come ad esempio avviene in “Sole Survivor”, in “A Moment of Clarity” o anche in “Mercy of the Sea”, dal ritornello un po’ alla Bryan Adams. Il pezzo più energico è senza dubbio “The Storm” ed è anche quello più lungo (11 minuti in tutto) con le sue venature rock appena pronunciate e le orchestrazioni vivaci; si tratta però di un episodio quasi unico in questo album che vede prevalere la risacca alla tempesta. Sicuramente i momenti più interessanti sono anche quelli in cui si punta sulla varietà e su arrangiamenti un po’ fuori dal comune, ma mi rendo conto che forse abbondare troppo in questo senso avrebbe appesantito un’opera che invece punta essenzialmente sul romanticismo.
Per finire è doveroso aggiungere che l’edizione deluxe contiene anche un bonus DVD con versioni remixate delle tracce audio, che possono essere ascoltate con tre set-up diversi, alcuni video con il making dell’album che vi faranno sicuramente rendere conto del grosso lavoro di base sostenuto da Rob e dalla sua troupe, e infine i video promozionali. Gli elementi per incuriosire soprattutto coloro che amano il prog romantico ed il New Prog ci sono tutti, se poi amate i Magenta allora l’acquisto è obbligato, ma mi raccomando di puntare alla versione deluxe perché l’artwork è sicuramente un valore aggiunto e anche le versioni remixate del DVD sono decisamente interessanti.


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Jessica Attene

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