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Si parlava da tempo di questa nuova uscita discografica e le grandi aspettative che si riponevano in "The gates of Omega" sono state ampiamente ripagate. I Moongarden avevano già ottenuto un discreto riscontro con i loro primi due cd e soprattutto "Brainstorm of emptyness" era stato particolarmente apprezzato da critica e appassionati. Con il nuovo album, doppio, Roversi & co. riescono nell'impresa di fare un ulteriore ed incredibilmente grande salto di qualità. Il prog romantico degli esordi, debitore di Genesis e Camel, rimane come base, ma non penso di esagerare affermando che la bellezza del lavoro rende questo cd un serio candidato a quelli che potranno essere i migliori album della prima decade del 2000. In formazione parzialmente rinnovata, con Luca Palleschi nuovo ottimo cantante (che, specie nella prima canzone mi ricorda tantissimo Ray Wilson), i Moongarden si esibiscono in una musica di straordinaria bellezza, che riesce a fondere echi genesisiani e chitarre cameliane con suoni cari al Sylvian solista. Gli assoli di David Cremoni (stupendo quello su "Castles of sand") rimandano al miglior Latimer, il leader Cristiano Roversi si esibisce alle tastiere e allo stick, avvalendosi delle infinite diavolerie che la moderna tecnologia permette di sfruttare, mentre il batterista Massimiliano Sorrentini non perde un colpo col suo drumming incisivo, sia nei brani più tirati, che in quelli più ricercati. Atmosfere da sogno, musica di grande impatto emotivo e rispetto per la tradizione seventies del progressive rendono quest'album perfetto, senza punti deboli. Nemmeno la lunga durata del cd o delle suite riesce a stancare; all'inizio forse possono un po' meravigliare e spiazzare certe soluzioni, ma ascolto dopo ascolto si assimila tutto senza problemi e con crescente entusiasmo. Il difficile è contenere le emozioni e il coinvolgimento trasmessi e i Moongarden meritano i più vivi complimenti per questo che è destinato a diventare un classico del prog post anni '70.
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