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I Mostly Autumn sono ormai in piena fase post Heather Findlay e forse anche nel loro pieno inverno artistico. Il gruppo non fa che ribadire con questo nuovo album, che nella sua edizione speciale presenta, analogamente al precedente lavoro, un intero CD di bonus, la formula del pessimo “Go Well Diamond Heart”. A dire la verità la traccia di apertura, cantata dalla nuova protagonista femminile Olivia Sparnenn, ex corista assurta al ruolo di regina del gruppo, mi aveva fatto sperare in qualcosa di meglio. Il brano, che vede come compositore principale il tastierista Lain Jennings, fa molto leva sulle atmosfere, su suoni semplici, romantici e notturni, con la voce di Olivia morbidamente accompagnata dal pianoforte. Non si tratta affatto di un cattivo inizio ma purtroppo il resto del disco, composto al 90% da Bryan Josh, che ha anche il cattivo gusto di rubare in diverse occasioni il ruolo di voce solista a Olivia, non è affatto su questi stessi livelli emotivi. Le cose vanno molto meglio quando è la voce femminile a prevalere ed il sound sembra addirittura più convincente quando vengono adottate soluzioni semplici ed eteree, come nella sussurrata title track, in cui prevalgono ancora i toni cupi. Questa aria un po’ decadente e gotica dona molto al gruppo che purtroppo perde molto di intensità quando decide di fare qualcosa di più dinamico: nella migliore delle ipotesi possiamo ascoltare un brano radiofonico come “The Ragged Heart”, un po’ anonimo forse ma se vogliamo gradevole, ma nel peggiore dei casi vengono sfoderati persino dei riff hard blues totalmente fuori luogo, come in “The Devil and the Orchestra” o come nella rocciosa “King of the Valley”. In “Tennison Mansion” le melodie e le ambientazioni sonore vengono strangolate da un ritmo in 4/4 sottolineato da una batteria che sembra un metronomo, troppo in evidenza, troppo ticchettante, quando invece la musica avrebbe bisogno di liberarsi da gabbie e costrizioni e respirare liberamente. Mi spiace, ma al di là di qualche piccolo e timidissimo segnale di recupero il gruppo dimostra ancora una volta di dover fare tanto altro lavoro per ricucirsi una propria identità, per trovare la giusta ispirazione e per migliorare in ambito compositivo attraverso scelte drastiche che permettano di esaltare gli aspetti positivi e di sopprimere quanto c’è di scontato, monotono, facile, commerciale e prevedibile in questa proposta. Fino ad allora il gruppo continuerà, non a torto, ad essere soprannominato “Mostly Awful” e voi, lo avrete capito, potete ancora una volta passare tranquillamente oltre.
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