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RETROSPECTIVE Latent avidity Progressive Promotion Records 2019 POL

Indicando questo album come classico lavoro di new-prog “alla polacca” di una classica formazione di cinque elementi si dovrebbe già capire bene a cosa si va incontro ascoltandolo. E la partenza di “Still there” (senza tener conto della brevissima introduzione “Time”) rende subito chiare le cose: brano di durata medio-lunga che viaggia intorno ai sei minuti, con classica struttura che prevede parti cantate (sia maschili che femminili) e strumentali, cambi di tempo, momenti solistici misurati, attenzione alla melodia, buone scelte timbriche, qualche momento in cui i suoni si induriscono leggermente. È già tutto qui, da un punto di vista descrittivo non c’è bisogno di spingersi molto oltre. Poi magari si ascolta la composizione più sinfonica, quella un po’ più aspra, quella dove prevale il cantato femminile, quella dove si gioca maggiormente con gli strumenti e così via, ma stilisticamente l’indirizzo è preciso. Quando il discorso si sposta sul merito è più difficile dare un giudizio preciso. Che i Retrospective non inventino nulla di nuovo è chiaro, ma se gli si presta la giusta attenzione non si può negare che la qualità ci sia e che, pur inserendosi in un filone abbastanza inflazionato, mostrano una certa personalità. Saranno quelle tinte un po’ oscure di cui vestono la loro musica, o quest’alternanza di parti vocali femminili e maschili, o, ancora, quelle tavolozze sonore che offrono colori particolari di chitarra e tastiere, fatto sta che alla fine dell’ascolto l’impressione è positiva. Non tutto è perfetto, basti pensare ai rimandi agli Arena più aggressivi che si notano soprattutto in “The seed has been sown” (che comunque si riscatta con uno splendido guitar-solo nel finale), o ad una meno centrata “In the middle of the forest”, ma nel complesso siamo di fronte ad un disco che scorre bene, che è costruito con sapienza e che può soddisfare un’ampia fascia di appassionati non troppo esigenti. Volete il pezzo elegante e melodico al punto giusto guidato dalla voce femminile? Eccovi accontentati con “Loneliness”. O preferite quello riflessivo e malinconico? In questo caso sarete accontentati cvi farà piacere ascoltare “Stop for a while”. Cercate intensità, grinta e immediatezza, ma senza cadere nel banale? “Programmed fear” fa senz’altro per voi. Amate le composizioni ad ampio respiro, ricche di stravolgimenti di tempo e di atmosfera, epiche al punto giusto e con altisonanti passaggi strumentali? Ci sono i dieci minuti e mezzo della conclusiva “What will be next” che chiudono ottimamente “Latent avidity”. Poi si possono individuare similitudini con i Collage o con i Riverside, trovare un po’ di Quidam post Derkowska e un po’ di Anathema; fatto sta che mescolando le carte e le caratteristiche dei gruppi citati i Retrospective trovano una loro identità e ottengono risultati soddisfacenti con questa che è la loro quinta prova discografica. Non siamo proprio ai massimi livelli, ma ribadiamo che la qualità c’è.



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Peppe Di Spirito

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