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B-RAIN Echoes from the undertow Zeit Interference / Lizard Records 2018 ITA

Prima o poi era inevitabile che una parte dei Daal si esprimesse prevalentemente su coordinate di musica elettronica e così Davide Guidoni, la metà "percussionistica" dei Daal, ha infine dato vita al suo progetto solista B-Rain con la collaborazione di colleghi ed amici, tra i quali l'altra metà dei Daal, Alfio Costa, Steve Unruh, il trombettista Luca Pietropaoli, membro dei Fonderia e sempre con Guidoni nel rock ambientale di Pensiero Nomade, il chitarrista dei Taproban Roberto Vitelli e l'arpista nonché violoncellista Vincenzo Zitello, autore di una buona serie di dischi strumentali in bilico tra new-age e classica. Come nei Daal anche in "Echoes From The Undertow" i percorsi musicali diventano abbastanza imprevedibili, non facilmente inquadrabili in uno stile ben preciso, come un ibrido, mutevole nella forma ma che mantiene il fattore costante di una tenebrosa oscurità nelle sette composizioni che ne fanno parte: l'intento è quello di creare una forma musicale che possa suggerire uno stato di trance onirica o di meditazione che parte dalle piccole singole cose quotidiane fino a raggiungere una dimensione quasi cosmica. Il linguaggio sonoro di B-Rain abbandona le intricate progressione ritmiche dei Daal e si orienta verso un'introspezione mistica ed un po’ criptica che spazia dalle forme più armoniose dell'elettronica di derivazione new-age/etnica alla dark ambient più minimale. Come nei Daal le direzioni musicali in "Echoes From The Undertow" sono mutevoli e variano a seconda dell'umore del brano, pur rientrando sempre in una dimensione ambient. Nonostante i dettagli sonori più evocativi e spettrali prendano il sopravvento fino ad avvolgere l'ascoltatore in una dimensione piuttosto oscura, la musica di B-Rain non è mai del tutto ostica, talvolta l'atmosfera plumbea del disco si stempera in melodie ed aperture progressive sinfoniche facilmente riconoscibili e assimilabili dall'ascoltatore occasionale, pur sempre rimanendo in territori poco rassicuranti e decisamente tetri... Nelle tante sfaccettature di "Echoes From The Undertow" si percepiscono tra le diverse influenze le miniature eleganti e decadenti di Harold Budd, le evocazioni pagane di Robert Rich e Steve Roach, talvolta dalle pesanti coltri di nebbia si sollevano accompagnati dal mellotron arcani arpeggi e fraseggi di chitarra vicinissimi a Steve Hackett; nel gusto di avvicinare progressive ed ambient c'è qualche reminescenza dei Djam Karet più inclini all'elettronica... "Echoes From The Undertow" nella sua natura "ibrida" forse potrebbe scontentare sia i puristi dell'ambient che del progressive, però con un minimo di elasticità mentale e giusta predisposizione si potrà sicuramente apprezzare nel suo insieme un lavoro altamente suggestivo, capace di evocare dimensioni musicali tutt'altro che banali, ricco di profonde sfumature notturne ed ancestrali...



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Giovanni Carta

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