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Davide Guidoni (batteria e percussioni) e Alfio Costa (tastiere) ancora insieme sotto il vessillo dei DAAL per questa seconda prova discografica che unisce nuovamente i loro destini di musicisti. Li avevamo lasciati in un casale viterbese a mettere insieme frammenti delle loro visioni artistiche e li ritroviamo ora distanti fisicamente ma uniti nell’ispirazione come non mai, ad inseguire la costante deriva delle loro intuizioni musicali. Ognuno questa volta ha lavorato a casa propria, registrando separatamente le varie parti che hanno trovato solo alla fine la loro coerenza ultima. Lo stesso è stato per i numerosi ospiti reclutati nei vari pezzi, Guglielmo Mariotti al basso e alla voce, Salvo Lazzara alle chitarre e all’Oud, Ettore Salati al sitar, Riccardo Paltanin al violino, Bobo Aiolfi al basso fretless, Alessandro Papotto al sax soprano, ognuno disperso in un territorio geografico diverso ma tutti uniti virtualmente ed artisticamente per la realizzazione di quest’opera. Anche dal titolo, inquietante per certi aspetti, capirete che questo nuovo lavoro offre delle sensazioni di ascolto leggermente diverse rispetto all’esordio, anche se il punto di partenza è il medesimo. I territori sono sempre quelli impervi della sperimentazione, con una particolare attenzione rivolta verso la sintesi sonora e la ricerca timbrica adeguata a materializzare le visioni inconsce ricercate. Tutto è però più criptico, cervellotico se vogliamo, o anche tormentato. Il tema è infatti la distruzione degli affetti terreni che da un momento all’altro possono disintegrarsi, mostrando tutta la fragilità della nostra condizione umana e facendo precipitare nell’angoscia e nell’incertezza la nostra anima. Ascoltare questo album è in un certo senso come guardare un album di ricordi fotografici strappato in mille pezzi. Si possono ben riconoscere i colori e le emozioni rasserenanti verso le quali proviamo empatia, ma queste sono dilaniate e perdono così la loro coerenza, lasciandoci solo sensazioni isolate e sconnesse. “Redroom”, la breve traccia di apertura, è la perfetta porta di ingresso al concept: vi troviamo un’accozzaglia di suoni artificiali e campionamenti, ecco quindi il fragore dei fulmini, voci umane che sembrano prese da comunicazioni radio, ed infine il segnale ritmico di un monitor che segnala il battito cardiaco e quindi la vita, una vita fragile e in bilico fra dimensioni parallele. In tutto l’album si gioca fra l’alternanza, la mescolanza ed i contrasti fra destrutturazioni sonore ed elementi di prog sinfonico, come se fosse una continua lotta fra ciò che consideriamo rassicurante, sicuro e consueto e fra ciò che invece è per noi ignoto e minaccioso. Così possiamo percepire una piacevole melodia di piano (“Cry-Hologenic”) ma questa è soffocata da una nebbia di suoni artificiali che ne offusca la semplice bellezza. Percussioni etniche si perdono in loop turbinanti di suoni elettronici in “Destructive Actions Affect Livings” mentre un sax notturno ed elegante viene come ingoiato in una quarta dimensione di suoni elettronici ed inquietanti nella conclusiva “Memories of Old Pictures” (titolo che nel booklet è riportato in maniera un po’ diversa), come se qualcosa di ineluttabile venisse a strapparne via la bellezza. Ho forse esagerato sul versante sperimentale dell’album ma questo aspetto, come accennato, è mescolato a situazioni sinfoniche e rock più strutturate, come possiamo verificare già precocemente con l’ascolto della seconda traccia, “Anarchrist”, dall’impatto molto potente con colate di tastiere vintage cariche e incalzanti che si aprono il varco attraverso un’intelaiatura robusta fatta di chitarre aggressive e da una sezione ritmica impetuosa. La centrale “The Dance of the Drastic Navels part II” è addirittura ariosa, grazie al canto melodico di Guglielmo Mariotti (preciso che questo è l’unico brano cantato di questo CD) e alle tastiere di Alfio che si stratificano in una imponente cupola di suoni ampi e sfavillanti. Ma ogni pezzo si rivela un poliedro dalle mille facce e dietro ad ogni tassello regolare e levigato se ne nasconde sempre uno dalla superficie scabrosa. Nello stesso pezzo la parte centrale è uno spoglio scenario elettroacustico che prelude però ad un finale mozzafiato con un morbido tappeto di tastiere e lo splendido violino di Riccardo Paltanin che disegna melodie suggestive. Io credo che il duo Alfio Costa e Davide Guidoni sia riuscito a costruirsi un proprio linguaggio che con questo secondo lavoro ha acquisito un’individualità più marcata. Vi si intravedono echi Floydiani, riferimenti ai Crimson più cervellotici ma anche ampie contaminazioni con la musica elettronica che aiutano a dipingere scenari fantascientifici e futuristici e persino elementi più metallizzati che possono far pensare in un certo senso a qualcosa dei Dream Theater, ed in mezzo a questo marasma ci sono disciolte alcune essenze speziate di Prog Sinfonico. Il risultato finale può in un primo momento disorientare, forse perché sono così tanti i particolari da assimilare che è facile perdere di vista il quadro di insieme. Scoprirete comunque che ripetendo l’ascolto tutto diviene più semplice e ogni nodo finirà prima o poi per sciogliersi. La recensione potrebbe finire qui ma in realtà c’è qualcos’altro. I DAAL infatti hanno realizzato una edizione speciale di questo lavoro, racchiusa in uno splendido box, a tiratura limitata, che comprende un secondo CD in omaggio. L’avventura quindi continua con quello che idealmente è un vero e proprio terzo album della band. Questo CD si distingue per una maggiore ampiezza e ariosità degli spartiti e per una impronta Floydiana più marcata, che trova la sua sublimazione nella splendida cover di “Echoes”, interpretata in coppia da Simone Cecchini de Il Bacio Della Medusa e da Guglielmo Mariotti. Vi è poi una seconda cover, quella di “Undertow” dei Pain of Salvation, qui interpretata da Hamadi Trabelsi, vocalist dei Colossus Project, che completa il lotto delle quattro tracce (per un totale di 55 minuti di musica). La realizzazione grafica dell’opera è poi davvero splendida, con i disegni di Davide Guidoni che ormai da tempo, oltre ad essere musicista e a forgiare gong, si dedica con passione a questa attività. E’ doveroso infine segnalare che tutto il ricavato della vendita di questo cofanetto è stato devoluto (per buona grazia dei ritardatari devo dire che al momento in cui scrivo il box-set è ormai esaurito) in beneficenza ad una onlus che si occupa di bambini affetti da cancro. Alla fine dell’ascolto vi sembrerà di essere usciti da un vero e proprio labirinto, cosa che in un primo momento potrebbe mettere a dura prova i vostri nervi di ascoltatori ma a volte, diciamolo, è anche bello perdersi: vi invito quinti a provare questa esperienza che in qualche modo, ci scommetto, lascerà il suo segno.
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