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Bentornati in una delle saghe musicale più originali e coraggiose del prog, in cui i protagonisti comunicano solo attraverso i loro strumenti e le atmosfere cangianti che creano. Nel settimo album dei Gösta Berlings Saga non ci sono compromessi: qui tutto è possibile, troverete improbabili accostamenti dall’effetto sorprendente, come in una galleria d’arte moderna o sulla tavola di uno chef creativo, ascolterete 43 minuti e 31 secondi di brani solo strumentali, ma molto più espressivi di mille voci umane. La loro musica è un collage che esprime libertà artistica, una continua konstruktion di elementi per stupire, superare gli schemi e costruire la musica del futuro. Dopo venti anni dal loro primo concerto, dopo sette album per cinque diverse label, e cinque anni per produrlo, i GBS pubblicano “Forever Now” per la Pelagic Records, tornando alle atmosfere dei loro primi lavori, ma solo come punto di partenza, per superare a mio avviso ogni album precedente in varietà, intensità e imprevedibilità. Il tema emozionale e ideale del disco è voler mantenere per sempre con sé le persone amate, tema della perdita che si avverte forte, e che ricorre nel rock almeno da cinquant’anni, quando gli amici di Syd, riuniti negli Abbey Road Studios, gli dedicarono un tributo indimenticabile. Il vero artista progressive non guarda mai indietro, e questo disco supera del tutto il periodo Inside out, con un sound oggi molto più ricco e composizioni più articolate ed eterogenee. Ne è riprova anche la scaletta del release party a Stoccolma, che oltre a proporre brani dal nuovo album, rivaluta brani da “Sersophane”, tralasciando del tutto la produzione dei loro primi dieci anni, ma lasciando poco spazio anche a quella degli anni 2018-2020. Fra i protagonisti di quest’opera, un campionatore primitivo a nastri nato nel 1963: il Mellotron la fa da padrone in questo disco, ma è utilizzato spesso in modo avanguardistico, diverso rispetto al prog classico, abbinato con atmosfere non sinfoniche. David Lundberg abbandona il suo amatissimo Fender Rhodes Piano che aveva caratterizzato il sound della band svedese, e spinge sulla sperimentazione per lasciare spazio a synth più cattivi e oscuri (un mix di sintetizzatori software e hardware, Serum, Minifreak, Prophet, Mellotron, CS80, Solina, Jupiter e altri), ma sempre con un gran gusto per la melodia e gli strati sonori. Un'altra novità nel linguaggio della band è l’alternanza fra composizioni più brevi e più lunghe: come in una galleria di quadri astratti, miniature si alternano a grandi murales. Anche la copertina del disco esprime la passione del gruppo per la contaminazione, con un montaggio optical-naturalistico con archetipi quasi grotteschi. In “Full Release” già dalle prime note si comprende che questo album nasce dal caos organizzato. La tensione sale e diventa incontenibile, la combinazione di Alexander Skepp e Jesper Skarin sui due canali è esplosiva, con il loro doppio drumming risvegliano tutte le allodole di Svezia. Non è necessario guardare il video di “Through the Arches” per vedere e sentire il treno: il basso pulsante di Gabriel Tapper e un pitch insolitamente “veloce” per i GBS. Grande energia attraversa questo brano, con passaggi più sognanti e un finale colorato. Questo primo singolo, apparentemente il pezzo più easy del disco, fa invece scoprire nuovi dettagli e suoni ad ogni ascolto. ”Arrangements” è un duetto soffuso fra due Mellotron (voce flauto), che apre alla titletrack, il brano più complesso e gratificante del disco che, attraverso diverse sezioni, ci trasporta in un viaggio nel prog più oscuro, con momenti più sinfonici, ariosi ma anche claustrofobici e un finale dall’intensità e malinconia commoventi. Consigliatissimo come trailer non solo del disco ma della natura potente e mutevole dei Gösta Berlings Saga. ”The Sprig and the Birch” è un delicato passaggio di piano, che prelude a “Fragment II”, sicuramente il pezzo più debole dell’album. Collegato alla nuova release anche “Fragment I”, una inusuale jam con ospiti illustri come Reine Fiske (Träden, Dungen) e Gustav Nygren (Kungens Män, Anekdoten) pubblicata qualche mese prima. Un altro “millefoglie sonoro” è “Ascension”, che combina elettronica con tastiere “fredde” a momenti in cui finalmente la chitarra di Rasmus Booberg si esprime più liberamente rispetto a interventi più “disciplinati” nel resto del disco. ”Dog Years” potrebbe stare tranquillamente in “Detta har hänt” o in “Glue Works”, con il suo crescendo che parte da un accenno di riff, costruendo strutture musicali complesse più vicine al sound classico dei GBS, grandi architetti sonori anche in questo brano. ”Make of Your Heart a Stone” è un timido arpeggio di chitarra che si sviluppa in combinazione con uno dei rari interventi di piano elettrico del disco. Serve a raffreddare il mood, entrare nella foresta e a lanciare il brano finale dell’opera, molto ricco e misterioso. Aiutiamoci col video per comprendere meglio il significato di “Ceremonial”. Uno strano rituale si svolge nella foresta nordica, con i membri dei GBS coperti da mantelli intorno ad un fuoco. Come nel video di “Through the Arches”, in cui il treno parte dalla città per tornare nella natura e accedere a una dimensione magica, il cerimoniale esprime il desiderio degli artisti di separarsi del tutto dalla realtà urbana quotidiana, per regredire ad uno stato autentico e creativo. A pensarci, questo è un po’ il manifesto di tutto il prog scandinavo dagli anni ’90 che, abbandonati i synth digitali, le maschere, gli eccessi canori e gli scimmiottamenti di certo new prog del decennio precedente (elementi purtroppo non morti del tutto nemmeno oggi), sono riusciti a tornare allo spirito originale del prog, rinnovandolo e rilanciandolo. Non perdete questo album, veramente unico e diverso dalla maggior parte di quello che si può ascoltare nel panorama prog. Ma dedicategli la giusta attenzione, per gustarne appieno tutti gli ingredienti e le sfumature. Curiosità: come altre band scandinave, i Gösta Berlings Saga hanno fatto molto “field recording” per “Forever Now”, campionando suoni reali per aggiungere texture. Suoni a volte meno evidenti perché stratificati con altri suoni, ma alcuni più evidenti, come il suono dell'esplosione all'inizio di “Through the Arches”, in realtà il suono della portiera della vecchia Volvo 940 di Alex, con un riverbero enorme e naturale.
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