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APOCALYPSE The bridge of light Free Mind Records 2008 BRA

Gli Apocalypse fanno parte ormai della storia del rock progressive brasiliano con una carriera che dura ormai da 25 anni e diversi album alle spalle, dieci in tutto fra live ed inediti, compreso quest'ultimo che andiamo ad analizzare. L'ultima opera in studio, il buon "Refúgio", risale al 2003. Purtroppo nel 2004 uno dei membri fondatori, il bassista e cantante Chico Casara, lascia la band e a questo punto avviene per gli Apocalypse una nuova svolta professionale. Col nuovo cantante infatti, Gustavo Demarchi (che suona anche il flauto), il gruppo inizia a scrivere nuove canzoni in inglese e anche a rielaborare nel nuovo idioma alcuni pezzi storici originariamente cantati in brasiliano. Alcuni esempi di questo tipo sono contenuti nell'EP "Magic - The Radio Edits" pubblicato nel 2005. Questo album, che rappresenta di fatto il debutto della nuova formazione, è stato registrato interamente dal vivo al teatro dell'Università di Caxias do Sul e contiene pezzi inediti di nuova realizzazione. Il disco è strutturalmente diviso in due parti, la prima contenente 6 canzoni e la seconda una lunga suite basata su un concept che parla della storia di un orfano e del suo migliore amico, entrambi alla ricerca di risposte esistenziali in un vecchio parco abbandonato. Gli Apocalypse hanno saputo dimostrare di saper ricostruire da capo le loro sonorità e di aver trovato una nuova identità musicale, imparentata con la vecchia, pur sempre basata su suoni melodici e sinfonici, ma comunque credibile e solida anche in questa veste rinnovata. I suoni sono meno sfumati e più netti, più energici, anche grazie alla ruspante resa dal vivo, e la lingua inglese li fa sembrare più diretti e anglicizzati. La seconda traccia, "Dreams", sembra addirittura una variazione della celebre "Garden Party" di Marillioniana memoria. Sono sempre ben presenti le tastiere, rigogliose, ed i suoni sono brillanti e gioiosi. I pezzi sono in fin dei conti semplici nella loro concezione, ma ben realizzati, accattivanti e genuini. Forse in questa maniera la band ha perso del tutto il suo delicato e seducente fascino latino, ma bisogna dire che questa nuova incarnazione non dispiace affatto. Un album sincero e diretto che tiene testa a tante produzioni più levigate e patinate, consigliato agli amanti del prog sinfonico e romantico nella vena delle vecchie glorie del New Prog di matrice britannica.

 

Jessica Attene

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