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IQ Dark matter GEP 2004 UK

E’ possibile che agli 8 minuti e 40 secondi di "Harvest of souls", ad Orford e soci sia venuta la stessa idea venuta ai Transatlantic a 1 minuto e 35 secondi di "All of the above"? Parrebbe di sì. Questo significa qualcosa? Può significare qualcosa? Pare che la fantasia non sia più di questo pianeta (quello prog. intendo). È da un pezzo che sono straconvinto che la musica abbia detto tutto ciò che doveva dire. Le decine di brutte cover che girano, persino cover di cover e autocelebrazioni atte a rovinare canzoni già mediocri (vedi Simple Minds con "don't you"). Però, nonostante questa convinzione ho sempre confidato nel progressive come ultima spiaggia per dire ancora qualche novità, se non altro grazie alla poliedricità delle forme di cui dispone. Gli IQ, sicuramente tra i miei preferiti dell'ultimo ventennio, hanno, purtroppo, confermato tutto. Eppure nonostante questo saporaccio che rimane in bocca tra l'amaro e il déjà-vu, "Dark matter" è bellissimo. Il brano di apertura, "Sacred sound" si sviluppa quasi interamente sul tempo in 7 ("Seven is a jolly good time", dicevano gli Egg), la melodia è ricca e il testo pregno di spunti lirici, forse poteva essere limitata ad un paio di minuti in meno. Il pattern del brano è abbastanza classico per i brani di apertura degli album degli IQ, ma l'interruzione centrale è qualitativamente centrata grazie all'utilizzo di tastiere d'annata e al crescendo d'organo che sfocia uno splendido e lungo assolo di chitarra. Il secondo brano "Red dust shadow" è più breve rispetto alla media dei brani IQ, ma con sviluppo piuttosto classico: apertura sommessa, acustica, voce flebile. Più avanti la linea melodica varia e la voce di Nicholls si fa più presente (ricordate "Breathtaker"). "You never will", terzo brano, qualcosa meno di cinque minuti, poteva stare su "Subterranea", collocata tra "Capricorn" e "Unsolid ground". Interessante il controtempo della ritmica, evidenziato sulla strofa e disciolto nel ritornello. Ma direi che la parte del leone spetta alla linea vocale, un po' come accadde, per altri versi, in "Came down" del capolavoro "Ever". Ed "Ever" ritorna anche per il brano successivo "Born brilliant" dove la ritmica di quasi l'intero brano riprende i 6/4 del tema (splendido ed indimenticabile) di "Further away". Infine arriva Lei. "Harvest of souls" è l'epico brano che ha acceso il mio animo fin dalla lettura dei titoli dell'album, prima ancora di possederlo. Ho caricato di tali e tante aspettative questo brano, che non posso nascondere un po' di delusione. Il brano, seppur bellissimo, risulta un collage di tutto ciò che sono stati gli IQ da "Ever" in poi. Ogni brano è qui ritrovabile e, in effetti, come già detto, non solo degli IQ, ma anche di altri gruppi, qui più o meno palesemente rappresentati.
Alla fine dei conti debbo dire che amo alla follia "Ever", adoro "Subterranea", vado pazzo per i primi tre brani di "Seventh house", ogni ascolto apprezzo sempre di più "Dark matter". E non è solo perché in giro non c'è di meglio.
Solo un rammarico, anzi due. Il primo è dato da quella sensazione di non nuovo. Il secondo, più complesso e, forse, banale: quasi 25 anni or sono un giornalista chiese a Tony Banks perché, secondo lui, agli italiani piacesse il prog dei Genesis. Lui rispose, ridacchiando, che il motivo andava ricercato nel fatto che nelle canzoni dei Genesis non fosse mai presente la parola "America": ebbene, gli IQ hanno imparato dai Genesis tante lezioni, ma sull'America ci sono cascati.

 

Roberto Vanali

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