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LEAP DAY |
Skylge’s lair |
Oskar |
2011 |
NL |
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La maledizione dell’anno bisestile a quanto pare non è terminata. Il secondo album di questa specie di supergruppo che coinvolge almeno due componenti dei Flamborough Head infatti non solo non fa registrare nessun punto di miglioramento ma a quanto pare è persino in flessione rispetto al debutto. Avevo espresso i miei dubbi circa la voce di Jos Harteveld che ora mi sembra addirittura peggiorata… l’impressione è che si sia bevuto un flacone intero di varechina e che abbia le corde vocali abrase. Non è solo una questione di timbrica ma anche di feeling e di intonazione. Insomma, tutto da rifare. A dire il vero la prima traccia, “The messenger”, partiva con un pizzico di brio e lasciava presagire un’opera almeno più movimentata… ma con lo scorrere dei minuti scopriamo che non è così: la successiva “Road To Yourself” sembra, nonostante i delicati tocchi tastieristici con un registro simil-Mellotron alla Beatles, poco più di una base da Karaoke che si affloscia sotto la voce spenta di Jos e a seguire “Home at last” scorre in maniera pigra e non riesce proprio a prendere il giusto giro e somiglia quasi a un pezzo dei primi Marillion svuotato quasi del tutto del contenuto tastieristico e suonato alla metà della velocità. Insomma l’impressione è che qui ognuno vada quasi per conto suo… ogni tanto c’è qualche apertura melodica, qualche ricamo tastieristico, qualche fraseggio di chitarra ma tutto è così poco funzionale al pezzo che sembra quasi un soufflé ammosciato. Carino il brevissimo intermezzo semiacustico di “Humble Origin”, anche se sembra anch’esso qualcosa di appena abbozzato. Con “Walls” incredibilmente troviamo un incipit tastieristico con un po’ più di energia… ma abbiate fede… basta aspettare neanche un minuto e tutto si sgonfia, tranne ovviamente qualcos’altro che qui non vi dirò. Solo per dovere di cronaca ho completato l’ascolto dell’album ma devo dirvi che è stata una fatica grossa quasi quanto nuotare contro corrente. E’ davvero un peccato, visto che stiamo parlando di musicisti di una certa esperienza. Proprio per questo mi sarei aspettata molto di più… ma qui ad essere onesti non raggiungiamo purtroppo neanche la sufficienza o forse neanche la mediocrità. Che dire? Con l’album precedente avevo consigliato di iniziare da un cambio di cantante. Ora oserei dire di iniziare prima di tutto a cambiare il nome della band, poi a seguire il cantante e poi anche la musica. Ragazzi: svegliatevi!
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Jessica Attene
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