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CITIZEN CAIN Playing dead Pig In A Pole 2002 UK

Va dato atto ai Citizen Cain che con gli ultimi album hanno cercato di allontanarsi dalle sonorità che, dopo il primo disco, li aveva fatti etichettare come cloni dei Genesis. La voce di Cyrus è ancora molto somigliante a quella di Gabriel, ma su questo non ci si può far molto, presumo. La musica invece è andata via via acquisendo una personalità propria, pur involvendosi in composizioni, questa era l'impressione, senza né capo né coda. Con "Playing dead" pare che le sorti si ricollevino un poco: proseguendo nell'operazione di ricerca di un'identità propria, il gruppo riesce a costruire un disco che riesce a conquistarci e che invoglia finalmente ad essere riascoltato, operazione necessaria per penetrare a fondo tutte le sue sfaccettature. La musica che Cyrus e Stewart (rispettivamente tastiere/batteria e basso/voce), affiancati finalmente da un chitarrista fisso, ci propongono in questo nuovo capitolo della loro storia musicale (su cui hanno lavorato a lungo) è variegata, complessa e pregna di spunti interessanti. A livello generale essa è ancora legata alla tradizione new prog britannica, ma non ne ricalca pedissequamente gli stilemi e le sonorità, riuscendo a convogliare in essa momenti di fusion e di art rock complesso. Esiste ancora, anche se in misura minore, il problema degli album precedenti, vale a dire il fatto che il gruppo non sappia metter ordine alla molte carne che mette al fuoco in ogni singolo brano, col rischio che l'ascoltatore si smarrisca senza riuscire a recepire la logica dello sviluppo della musica. Esso richiede concentrazione e, lo ripeto, numerosi ascolti per poter penetrarvi a fondo ma stavolta sembra valerne la pena. si tratta di un album dai contenuti forti anche per ciò che riguarda i testi e, in definitiva, il miglior lavoro, dal punto di vista artistico, che il gruppo abbia prodotto finora.

 

Alberto Nucci

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