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KBB Age of pain Arcangelo 2013 JAP

Tornano dopo sei anni i giapponesi KBB con il loro quinto album (ci tengono ad inserire nella discografia ufficiale anche il “Live 2004” pubblicato l’anno seguente). Fondati nel 1992 dal violinista Akihisa Tsuboy (ex-Pochakaite Malko, Era), si sono affacciati sul mercato musicale solo nel 2000 con l’esordio “Lost and found”. Accanto a Tsuboy si sono consolidati musicisti eccellenti come il tastierista Toshimitsu Takahashi, il bassista Dani ed il batterista Shirou Sugano. Un quartetto rimasto sempre molto unito e perfettamente affiatato nelle esecuzioni che, dopo il primo lavoro tendente ad una specie di prog-fusion tipo i connazionali Kenso, si è man mano concentrato su composizioni capaci di mettere in risalto anche il lato più riflessivo della propria ispirazione. Ispirazione quasi sempre scaturita dall’estro di Tsuboy, che ha trovato nella capacità di esecuzione degli altri musicisti il perfetto completamento.
Il loro ultimo lavoro porta avanti quanto cominciato con il secondo “Four corner’s sky” ed esattamente come accaduto sia sul live che su “Proof of concept” non vi è l’uso di chitarre (affidate prima a Dani e allo stesso Tsuboy), sviscerando così le possibilità espressive del violino elettrico e dei sintetizzatori. Tsuboy e Takahashi appaiono come i grandi protagonisti con i loro continui assoli sempre ispirati; ma la sezione ritmica, tanto funambolica quanto precisa, è un elemento indispensabile per una musica che prende spunto dalla tradizione del proprio Paese per poi fondersi nel jazz e nella musica classica, sfociando senza alcun problema in aggressive partiture rockeggianti. Soprattutto Dani, bisogna sottolinearlo, fornisce una prova al basso molto tecnica ed incisiva.
“Larks in the air” è un’autentica visione nel cielo, melodica ed accattivante, con il violino che potrebbe ricordare un mix tra i Kansas ed i Dixie Dregs più melodici (la figura di Allen Sloan aleggerà per tutto l’album), a cui fa seguito un pianoforte in stile T Lavitz ed un potente break di basso, con un finale dal sapore da frenetica danza irlandese. In “Suspicious Forest” cambia l’atmosfera, decisamente più nervosa, dove il violino porta la mente in una danza tra i boschi, volteggiando continuamente tra i grossi alberi silenziosi. Aspetto rilevante dell’album sono gli stacchi repentini che conducono verso differenti ritmiche; ecco quindi il piano elettrico tendente al jazz-rock che già si era sentito in apertura, per lasciare poi nuovamente il passo al violino con un tema somigliante a quello dei film nipponici che guardano al soprannaturale, avvicinando molto i KBB agli altri connazionali Twin Tail, grazie a quelle note che parlano di eroiche dimensioni dell’Oltretomba. La title-track è più rilassata, ricordando a tratti le scene di “Canone Inverso”, le cui musiche furono curate da Ennio Morricone, segnalandosi comunque per il suo pianoforte intenso. Il violino distorto (con un montare continuo, quasi crimsoniano) fa irrompere “Vertical Divided Alone Man”; tastiera e violino giocano spesso su effetti che riportano all’orecchio la chitarra elettrica, ma il pezzo forte sta nel sentire l’incedere epico di Tsuboy come se andasse sul campo di battaglia, a cui poi si aggiungono i fulminanti botta e risposta tra il già citato violino distorto e l’organo, ricordando la Mahavisnu Orchestra e relativi epigoni. Ci si rilassa nuovamente con “Termites Daydream”, altra composizione in stile Dixie Dregs più “celtici”. Un’altra specie di danza irlandese con brevi sprazzi jazzati, a cui fa seguito “Lythrum”, costituita da un pianoforte jazz che mette in evidenza note acute suonate ad effetto, riprendendo temi da musica classica. Il finale è un momento di pacatezza disegnato dal consueto violino, onnipresente.
La frenesia riprende su “Kernel”, dove lo strumento ad archetto sembra spesso una chitarra elettrica. C’è da registrare un grandissimo lavoro di batteria sullo sfondo, in cui lavorano anche basso e tastiere; grandi controtempi e di nuovo parti portentose che verso la conclusione sembrano chitarre distorte. Il finale allegro dell’album è affidato a “My Restless Heart”, con il solito violino distorto che si muove sulla base narrata dal pianoforte.
Un lavoro molto ispirato e a lunghi tratti poetico, questo “Age of pain”. Forse il segreto sta nel concedersi il tempo necessario per metabolizzare e rendere al meglio le idee compositive (ricordiamo che i vari componenti suonano anche con altri gruppi). Ben venga allora l’attesa di almeno sei anni, se poi la gestazione fa regali di questo livello. Purtroppo la pubblicazione, per il momento, è reperibile solo presso il mercato giapponese e quindi richiede un esborso maggiore. Ma ci si augura una veloce ristampa anche per un’etichetta a noi più vicina. Magari prestigiosa tipo la Musea, come accaduto con i precedenti album.


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Michele Merenda

Collegamenti ad altre recensioni

AKIHISA TSUBOY-NATSUKI KIDO DUO Era 2002 
AUSIA Kasa kasa 2003  
KBB Lost and found 2000 
KBB Four corner's sky 2003 
KBB Live 2004 2005 
KBB Proof of concept 2007 
POCHAKAITE MALKO Laya 2004 

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