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Già protagonisti con la prog-metal band Flaming Row, la cantante Melanie Mau ed il chitarrista/cantante Martin Schnella tornano nella loro dimensione folk-acustica e danno alle stampe questa quarta raccolta di cover. Un anno dopo “Invoke the ghosts”, album composto invece di soli inediti, il duo tedesco riprende quindi a reinterpretare brani originariamente prog e in alcuni casi anche metal, sempre assieme ai fidati e ben rodati compagni di viaggio: Mathias Ruck (voce), Lars Lehmann (basso) e Simon Schröeder (percussioni varie). Non mancano poi altri ospiti, come l’ormai immancabile polistrumentista Jens Kommnick, che si divide tra chitarre acustiche, bouzouki, violoncello, flauti a fischietto di varie tonalità e soprattutto le uilleann pipes, strumento tipico irlandese appartenente alla famiglia delle cornamuse. In effetti, all’ombra variegata di questo “albero dell’arcobaleno”, un po’ tutto suona nello stile della verde e malinconicamente suggestiva Irlanda, a partire da “Free Hand - Medley”, dedicato in apertura ai Gentle Giant. Un’esecuzione che sarà particolarmente apprezzata da chi ama qualsiasi cosa sia stata concepita dai fratelli Shulman, ma in realtà sono altri i momenti in cui la compagine bucolica riesce a dare il meglio. I nostri, infatti, in passato hanno dimostrato di avere una buona propensione nell’interpretazione personale dei Kansas; non poteva quindi mancare anche in questo caso l’omaggio alla band statunitense, stavolta con “Song for America”, registrando la partecipazione di Dennis Atlas (voce), specializzato in tributi, e la polistrumentista Rachel Flowers (qui impegnata con voce e flauto). L’interpretazione del pezzo che diede nome all’album del 1975 è ottima, riprendendo lo spirito della matrice originaria e denotando una complessità di esecuzione che non viene affatto sminuita in fase acustica. Intrecci vorticosi di chitarra, assoli di flauto e soprattutto un andamento ritmico tanto complesso quanto preciso non possono che essere applauditi da qualsiasi prog fan. Complessità ritmica presente anche in “Rainbow Demon” degli Uriah Heep, che vede Schnella ancora più impegnato con le sei corde. Diciamo, però, che quattordici brani sono parecchi e alla fine sembra di sentire sempre la stessa cosa, anche perché lo stile e le tonalità rimangono i medesimi. Vi sono comunque altri episodi degni di essere segnalati, come a d esempio “Secret World” di Peter Gabriel, soprattutto per la sua seconda parte, ma soprattutto “Tom Sawyer”; il classico dei Rush, infatti, oltre a denotare una maggiore aggressività mette in mostra tutta l’enorme capacità tecnica dei musicisti coinvolti. Occorre menzionare anche il medley che tributa i Porcupine Tree e “Ghost of Perdition” degli Opeth. Quest’ultima è ammantata da un’aura arcana ed inquietante, tipo bosco dei fratelli Grimm, prima di divenire sempre più dura e contorta. Per gli amanti delle sonorità heavy ci sono i tributi anche agli Iron Maiden, i Nightwish e Massive Attack (scusate se vengono messi tutti nello stesso calderone!). Da segnalare, per i duri dal cuore tenero, “Alleviate” dei Leprous. In ultima battuta, dignitosa “Something Happened On The Way To Heaven” di Phil Collins e ben riuscita “Siúil A Rúin”, canzone tradizionale che chiude quest’ultima fatica. Come già detto, i brani sono molti e dopo un po’ ci si potrebbe annoiare. Bisogna però anche tener conto che il lavoro è interamente autoprodotto, suona molto bene e presenta una bellissima copertina. Tutto molto professionale, a partire dal codice QR che permette di ascoltare anche delle versioni alternative dei brani (principalmente a cappella o strumentali), fatta eccezione per un omaggio ai Damn Yankees che non compare sul dischetto ufficiale.
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