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Dopo alcuni anni di gavetta (finalmente un gruppo che non ha fretta di pubblicare il proprio disco!) arriva il primo album per i romani Taproban, comunque tutti musicisti non alla prima esperienza (tra essi riconosciamo l'ex Gallant Farm David Guidoni). Il gruppo, un trio, ci propone un album di Prog italico abbastanza tipico, reminiscente delle migliori cose di Banco e Orme, molto imperniato sulle tastiere, ma lontano da sonorità bombastiche e iper-sinfoniche. Art-rock sinfonico insomma, con alcuni buoni spunti di chitarra e buona ritmica che contrappunta lo strapotere tastieristico. I brani, alternando composizioni piuttosto brevi, che sembrano peraltro esser messe lì più come riempitivo che altro, ad altre più lunghe ed articolate, scorrono via leggermente senza forzature. A dire il vero c'è solo un brano di lunghezza superiore alla media ed è "L'orco" (da notare tra l'altro l'artwork che utilizza alcune foto del Parco dei Mostri di Bomarzo che vi invito a visitare), una cavalcata essenzialmente strumentale che per 13 minuti ci culla, senza rassicurarci troppo a dire il vero, con sonorità vagamente medievaleggianti. Il cantato non è quasi presente in questo disco, comparendo di quando in quando con discrezione, nulla aggiungendo a dire il vero al risultato finale, ma utile per spezzare un po' il predominio strumentale. Un album in sostanza che non fa nulla di speciale, ma quello che fa lo fa abbastanza bene, in modo gradevole e con ispirazione sufficiente.
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