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ARASHK Ustuqus-al-uss autoprod. 2008 IRAN

Gli Arashk sono la band (sciolta al momento in cui scrivo) del giovane compositore e multi-strumentista iraniano Salim Ghazi Saeedi che abbiamo conosciuto in occasione della pubblicazione della sua prima prova solista, l’interessante “Iconophobic” (2010). E’ bene precisare che Salim (che qui suona chitarra e tastiere) faceva nella band (completata da Pouyan Khajavi al basso e da Shahram Khosraviani alla batteria) la maggior parte del lavoro. Questo album, il terzo della discografia, è infatti quasi completamente opera sua e l’intervento dei due compagni si limita a due sole tracce. Un discorso un po’ diverso è riservato invece all’album “Yell”, uscito sempre nel 2008, in cui sono raccolti pezzi scritti da Pouyan e da Shahram a partire dal 2001 e in cui Salim ha contribuito solo con la chitarra ritmica e in termini di registrazione e mastering. Quest’ultimo disco fa in realtà un po’ storia a sé, visto che si distacca dai precedenti anche per quel che riguarda il genere proposto: un ruvido hard rock cantato. Allo stato attuale tutti i CD degli Arashk, soprattutto dopo l’interesse scaturito con l’uscita di “Iconophobic”, sono stati ristampati e si possono trovare facilmente in vendita online. Ascoltare gli album degli Arashk permette di apprezzare la crescita artistica di Salim: lo stile gradualmente si trasforma, le idee si arricchiscono e pian piano si fa sempre più forte l’interesse verso il progressive rock, la musica elettronica e la passione verso forme musicali via via più stimolanti per l’immaginazione. Questo “Ustuqus-al-Uss” è difatti l’anello di congiunzione fra il rock duro e dai riflessi metallici degli esordi e la musica figurativa di “Iconophobic”. Lo percepiamo subito in apertura, con le lugubri ed imponenti orchestrazioni di “Out of Silence One Ran and Returned” che ci portano nel cuore di un disco in cui si perfeziona quel concetto di fusione fra oriente e occidente iniziato con gli album precedenti e che allo stesso tempo si apre verso quelle soluzioni cameristiche ed elettroniche che Salim svilupperà da solista. Se “Ustuqus-Al-Uss Avvalin Val Akhrin” è un graffiante Prog metal impreziosito da elementi di musica araba tradizionale, elettrificati, la successiva “Outer Aeonic Descend”, cupa e stridente, sembra quasi avere a che fare con qualcosa degli Univers Zero. “My Inner Sun” ci stupisce con una apertura che possiede un lirismo intenso e che mi ricorda di fatto Rimskij-Korsakov e la sua “Sheherazade”. Il brano acquista però subito una carica elettrica potente e diventa turbolento ed inquietante, con sciabolate di chitarra elettrica che si mescolano ad elementi orientali, elettronici e cameristici a formare un insieme eclettico ma che incredibilmente appare unitario. Altre tracce sono più classicamente orientate verso un “Prog Metal” più “canonico”, seppure arricchito dalle più disparate contaminazioni, come la successiva e potente “Government”. I campionamenti danno a volte un alone moderno ed elettronico turbato dalle interferenze di una chitarra elettrica molto sporca e che in “My Third Eye” sembra quasi rumore bianco. A sorpresa “Artemis the Huntress” si rivela un caldo blues dagli strani accenti arabi, mentre la traccia di chiusura “Supreme Grades” ha persino qualcosa di psichedelico. E’ come se Salim avesse ascoltato in una volta sola tutto il patrimonio musicale europeo, scegliendo alcuni elementi, quelli che maggiormente hanno solleticato la sua fantasia, e vi avesse riversato infine alcuni frammenti musicali della sua terra. Ascoltare questo album è un po’ come guardare il mondo con occhi diversi, pieni di stupore, ammirazione e voglia di vivere. Purtroppo la produzione lascia un po’ a desiderare perché, a fronte delle indiscusse capacità di questo artista, i mezzi a sua disposizione sono molto scarsi ed il potenziale di Salim non può pertanto svilupparsi a dovere. Possiamo solo sperare che Salim possa un giorno mettere le ali alle sue idee… un po’ lo ha fatto, riuscendo a proiettare le sue opere al di fuori dei confini del proprio paese ma a questo punto auguro a questo giovane di poter usufruire di mezzi professionali e dell’ausilio di musicisti preparati. Per il resto, questo disco, con tutti i suoi difetti e le tante approssimazioni, è davvero unico ed affascinante.


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Jessica Attene

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