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SALIM GHAZI SAEEDI United ubiquity of flesh autoprod. 2017 IRAN

“United Ubiquity of Flesh” è il quarto album da solista dell’artista iraniano Salim Ghazi Saeedi dopo aver lasciato la band prog metal degli Arashk e il primo da quando si è trasferito in Australia. Questo trasferimento non incide troppo nello stile di questo artista; come i suoi precedenti lavori anche questo album è totalmente strumentale, con Salim che suona tutti gli strumenti e la chitarra che rimane la regina indiscussa del disco. La proposta musicale rimane sempre abbastanza complessa, mai lineare e alle volte un po’ troppo cervellotica. Il tema del disco è quello della carne, carne intesa come confine dei desideri e delle credenze, della vita e delle leggi (come riportato nella copertina dell’album). La musica dell’artista iraniano rimane sempre molto evocativa ed espressionistica, ad ogni brano ci si può associare chiaramente delle immagini e il tema della carne, del desiderio e anche dell’erotismo si percepisce chiaramente.
Il disco parte con la chitarra di Salim che intona una sensuale melodia dall’aroma mediorientale, come a voler rivendicare che, seppur trasferitosi in un’altra nazione, non rinnega le sue origini. Questa melodia poi viene lentamente violentata da attacchi chitarristici più violenti e sporchi. Il disco prosegue tra linee melodiche evocative e drammatiche, ritmi obliqui e riff violenti e sghembi. Tutti i brani presentano idee molto interessanti ma quasi tutti ti lasciano un senso di non compiutezza e, pur tenendo presente che la proposta non è certo lineare, manca anche una fluidità e un omogeneità compositiva che comunque è necessaria anche nelle proposte più estreme.
Salim, pur andando in continuità con i precedenti lavori, lontano dalla sua terra natia continua a non effettuare quel salto di qualità auspicato. Lui è indubbiamente un artista talentuoso e suona la chitarra molto bene ma gli altri strumenti un po’ meno. Il disco, come già visto, contiene molti elementi validi, ma rispetto ai predecessori perde un po’ quel senso di innocenza, spontaneità e in alcuni casi anche piacevole ingenuità che li caratterizzava. Il tutto sembra un po’ troppo costruito e poco fluido. Vista la sua vicenda personale non si può non aver in simpatia un artista come Salim e sono felice per lui poiché in Australia può trovare finalmente tutti i mezzi necessari per esprimere liberamente la propria musica. “United Ubiquity of Flesh” è probabilmente un album di assestamento, speriamo che dal prossimo Salim, casomai con l’aiuto di qualche altro musicista, riesca finalmente a spiccare il volo.



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Francesco Inglima

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