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Nel novembre del 2014, per la prima volta in carriera, i Magma salgono sul palco per l’esecuzione integrale della loro seconda trilogia del mondo kobaiano, “Ëmëhntëhtt-Ré”. Luogo prescelto per poche esibizioni il piccolo, ma accogliente ed efficace, Triton. All’inizio del 2017 esce questo doppio DVD a testimonianza di quei concerti e per noi è l’occasione di goderci uno spettacolo sublime e, al contempo, di riorganizzare le idee sulla genesi e sui contenuti dell’opera. Ad aiutarci in tutto questo c’è una lunga intervista nel secondo dischetto a Christian Vander, che, immerso nella natura, racconta il percorso ultratrentennale attraverso il quale ha portato a compimento questa trilogia. Già, perché era il 1972 quando tutto ha avuto inizio con la creazione di “K.A”, composizione già provata e suonata (anche sul palco) con Jannick Top, ma ultimata solo nel 2004 con la pubblicazione dell’eponimo album. Nel 1974 c’è stata la realizzazione del secondo capitolo di questa storia, intitolato “Kohntarkosz”, mentre la terza e ultima parte, “Ëmëhntëhtt-Ré” ha visto la luce nel 2009, anche se alcuni dei suoi contenuti erano già stati proposti negli anni ’70. Se la prima trilogia, “Theusz Hamtaak”, aveva un’ambientazione spaziale e narrava delle avventure e dei viaggi tra la Terra e il pianeta Kobaia, gli eventi raccontati in questa seconda trilogia avvengono in Egitto e hanno per protagonisti due personaggi, l’esploratore Kohntarkosz e l’alto sacerdote Ëmëhntëhtt-Ré, che serve il dio della creazione Ptah. “K.A”, nello specifico, rievoca l’apertura dell’antica tomba di Ëmëhntëhtt-Ré da parte di Kohntarkosz, che sviene dopo l’esalazione di una polvere antica nell’aria e riceve così l’iniziazione e gli insegnamenti di Ëmëhntëhtt-Ré. In stato di incoscienza ha una visione e comprende come quest’ultimo avesse quasi scoperto il segreto dell’immortalità, quando un altro grande sacerdote lo assassinò. Musicalmente siamo al cospetto di un’opera straordinaria che ha portato i Magma ad uno spettacolare ritorno discografico. C’è tutta la potenza della musica zeuhl, con ritmi ossessivi e protagonisti. E’ una musica difficile da suonare, ma sotto certi aspetti meno ostica per l’ascoltatore rispetto al passato. Merito di dinamiche brillanti, esplosioni sonore e cori esaltanti. Sono addirittura meravigliosi e tra le cose più belle mai fatte dai Magma quei passaggi strumentali che aprono la terza parte della composizione, poggiandosi su un riff ipnotico di piano elettrico e vocalizzi in sottofondo e che spingono verso un crescendo imponente. Gli “Halleluja” alla fine dell’opera riportano a galla anche quelle caratteristiche “spirituali” della musica di Vander. Nella seconda parte della trilogia Kohntarkosz si risveglia dal suo stato di trance, comprende tutto ciò che gli è stato trasmesso in quel momento onirico e realizza che bisogna riordinare il mondo. Per far ciò impara a rallentare il tempo e lo spazio. L’apertura scandita dall’urlo “Hamtaai” e dall’apoteosi ritmica è uno degli attacchi più grandiosi di tutta la storia del prog. Dopo questa immediata estasi di potenza si passa ad una musica più di atmosfera, che non perde quell’alone di mistero e quella gravità che sono elementi di base dello zeuhl creato dalla band. Ci sono passaggi rallentati e ariosi, i classici momenti reiterati allo sfinimento (anche se con ritmi meno ossessivi rispetto a “Mekanik destruktiw kommandoh”), assoli elaborati in cui i vari strumenti si alternano alla guida del brano con temi magistrali, e parti vocali particolarmente intense, che ben descrivono la consapevolezza che assale Kohntarksoz e i suoi stati d’animo. Particolarmente coinvolgente la seconda parte, nella quale assistiamo ad un crescendo asfissiante e caotico, dove le note nervose della chitarra elettrica dominano la scena e poi a nuove escursioni ritmiche intricate, che culminano con un assolo prodigioso di basso e alle consuete armonie vocali stravaganti. L’ultimo atto della trilogia descrive la vita e la morte di Ëmëhntëhtt-Ré. E’ quindi incentrato in un arco temporale precedente ai primi due movimenti e spiega l’ascensione del maestro, frenata nel momento cruciale dal suo accoltellamento. La composizione, suddivisa in quattro tasselli, si apre con un’introduzione di cori conturbanti, che portano all’anima soul di “Rindo”. Segue la spettacolare accoppiata “Hhai” – “Zombies”. Il primo è da sempre uno dei cavalli di battagli dei concerti dei Magma. Si tratta di un brano trascinante, dall’andamento ritmico impetuoso e di straordinaria incisività. Partenza vivace, poi Vander prende il microfono e si esibisce al canto in un luminoso inno kobaiano. Segue una lunga e bellissima parte strumentale, che riprendendo i temi cantati permette a chitarra elettrica, tastiere e vibrafono di incrociarsi continuamente, prima dei cori finali. “Zombies” è invece il classico pezzo zeuhl sorretto dalla furia dell’accoppiata basso-batteria, soluzione che caratterizza anche la terza parte della composizione, carica di pathos e inquietudine. La quarta ed ultima parte è affidata alla tenebrosa “Funerarum kant”, con ritmi lentissimi che descrivono alla perfezione il seppellimento di Ëmëhntëhtt-Ré. Un altro tassello dell’intricata carriera dei Magma viene messo bene in ordine con una performance eccezionale come sempre. Le tre opere proposte sono state leggermente ritoccate negli arrangiamenti per adeguare la musica alla line-up che calca il palcoscenico. Meno oscura e potente rispetto ai tre capitoli di “Theusz Hamtaak”, ma non meno affascinante e fondamentale nella storia della musica zeuhl, la trilogia “Ëmëhntëhtt-Ré” è stata eseguita live solo per quegli appuntamenti al Triton nel 2014 e mai più riproposta in scena nella sua interezza. Mettetevi comodi e godetevela.
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